di Giampiero Milone
Tutti i cittadini hanno diritto alla ragionevole durata del processo.
L’art. 111 della Carta Costituzionale contempla tale principio affermando, al secondo comma, che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.”
Ne deriva che il Legislatore Ordinario dovrebbe assicurare ad ogni cittadino un processo che si svolga in un termine abbastanza accettabile.
Ebbene, è risaputo che, ciò malgrado, in Italia non funziona proprio così.
Con il presente tema espongo quelle che secondo me sono le ragioni per cui in Italia, pur vigendo una disposizione esemplare all’art. 111 Cost., i processi hanno durata pluriennale.
Alcuni personaggi politici avevano inizialmente accusato i Magistrati di assoluta lentezza; successivamente, gli stessi personaggi, si sono inventati che gli Italiani sono un popolo litigioso che per “nulla” si rivolge all’autorità giudiziaria.
Orbene, al fine di far fronte a codeste problematiche, hanno emanato il D. Lgs 28/2010 che disciplina la mediazione obbligatoria.
Codesto decreto prevede, ai sensi dell’art. 5, l’ improcedibilità della domanda se prima non si abbia esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie aventi ad oggetto materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Orbene, tale disposizione offre spunti di riflessioni.
Prima del D. lgs 28/2010, colui che riteneva opportuno esercitare un’azione giudiziaria in una delle materie sopra elencate, non era vincolato ad alcun tentativo obbligatorio di conciliazione.
Tale conciliazione già rientrava nei poteri dei Giudici che quasi sempre proponevano delle soluzioni per evitare di giungere a sentenza.
Soluzione fornita dal Magistrato che forniva le giuste garanzie Costituzionali per ogni cittadino.
Naturalmente, rientrando il tutto nelle more del processo, il cittadino non avrebbe dovuto sopportare ulteriori costi per detta conciliazione.
Inoltre, il cittadino poteva esperire il tentativo di conciliazione dinanzi al Giudice di Pace ai sensi dell’ art. 322 c.p.c. con costi molto contenuti per l’utente.
Infine, il cittadino poteva tentare la conciliazione in sede non contenziosa con l’arbitrato (art. 806 c.p.c).
Invece no… Adesso si sono inventati la mediazione obbligatoria.
Per diventare mediatore si deve partecipare a dei corsi, con pochissimi incontri, e con prezzi che oscillano tra i 500 e i 900 euro.
Dunque, i cittadini in lite, per es. condominiale, devono recarsi dinanzi a queste società di mediazione, le quali cercano delle soluzioni e ne redigono verbale.
I costi per l’utente, inutile precisarlo, è molto gravoso, rispetto alle misure previste dal codice di procedura civile.
Solo nel caso in cui tale conciliazione fallisse, i cittadini possono rivolgersi al Giudice con citazione e la loro domanda non potrà essere dichiarata IMPROCEDIBILE.
Ma, prima di proseguire il discorso sull’irragionevole durata del processo, occorre precisare che secondo la Carta Costituzionale, tutti i cittadini hanno diritto al Giudice precostituito per legge.
Naturalmente, il mediatore, per ovvie ragioni, non essendo precostituito per legge, non potrà mai darmi quella garanzia che invece sarebbe costituzionalmente garantita se la mia lite dovesse essere giudicata da un Magistrato.
Orbene, ciò chiarito, in questa trattazione, lo scrivente ritiene opportuno precisare che un metodo concreto ed efficace che sicuramente risolverebbe il problema dell’irragionevole durata del processo sia molto semplice ed efficace.
Non è sufficiente emanare leggi o decreti, ma, a parere di chi scrive, l’irragionevole durata nei processi civili, e non solo, si risolverebbe emanando dei bandi di concorso.
Già! Avete letto bene! BANDI DI CONCORSO che prevedano le assunzioni di MAGISTRATI, CANCELLIERI, UFFICIALI GIUDIZIARI.
E’ necessario rinvigorire e potenziare la macchina Giustizia aumentando gli addetti ai lavori.
Però sorgerebbe il problema del pagamento e dei costi dello Stato…eh già!
Io penso che nel caso della retribuzione ai Magistrati, ai Cancellieri, agli Ufficiali Giudiziari, il termine stipendio sarebbe usato in senso tecnico, in quanto si tratta di categorie di lavoratori.
Non penso, invece, che il diritto del lavoro tuteli la categoria del Politico; infatti, l’ordinamento giuridico italiano non penso riconosca la figura del politico come lavoratore. Di conseguenza, in tal caso, la parola stipendio è utilizzato in senso atecnico.
In altri termini, se si rinunciasse al finanziamento pubblico, si riducessero i loro ingiustificati rimborsi mensili ed impiegassero le somme risparmiate alla macchina giustizia, forse, solo allora, potremo finalmente discorrere di ragionevole durata del processo garantito ai sensi dell’ Art. 111 Cost.
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