martedì 28 gennaio 2014

FIBRONIT: La morte viaggia sulle ali del vento e sulle zampe della cattiva politica

L'era dell'amianto finisce a metà degli anni ottanta, ma la città di Bari si accorge di avere un’immensa discarica di rifiuti di tale sostanza, solo dopo dieci anni. Il sito della morte prende il nome dall’azienda che per anni la ha prodotta: LA FIBRONIT. 

Nell'area in questione, chiamata la "zona rossa" e che abbraccia tre quartieri di Bari (Japigia, Madonnella e San Pasquale) e che ha il più elevato numero di casi di mesotelioma pleurico, sono stati costruiti, nei decenni, complessi edilizi residenziali, di una certa consistenza. Lì, col tempo, si sono trasferite intere famiglie, per realizzare il sogno della casa di proprietà. Per molte di loro però, quel sogno si è trasformato in un incubo di dolore. Nella stessa area peraltro sono stati allocati diversi istituti scolastici e persino una casa di riposo per anziani. Infine, nei pressi, ha preso sede il Campus universitario, che rende questa zona di Bari strategica per molti studenti fuori sede, che in essa trovano alloggio.
 
Sono passati venti anni da quando associazioni del territorio, la stampa e denunce provenienti da più parti, hanno acceso i riflettori sul sito inquinato. L'allora sindaco di Bari, Di Cagno Abbrescia, sottovalutò la gravità della vicenda e ci volle l'intervento della Provincia, con un dettagliato rapporto, col contributo del Ministero dell'Ambiente, per scoprire che la contaminazione dell'amianto, oltre ad essere presente in superficie, aveva avvelenato il sottosuolo, fino ai 5 metri. Da allora partirono una serie di azioni giudiziarie e amministrative. I protagonisti di questa vicenda furono Il Comune di Bari, la FIBRONIT e la Procura della Repubblica.


Si è così al 2003 e la giunta comunale, con a capo Di Cagno Abbrescia, decide, vista l'inadempienza della FIBRONIT, di sostituirsi a quest'ultima e delibera di eseguire i lavori previsti. Ma arriva una nuova doccia fredda, da parte della Procura della Repubblica: le soluzioni tecniche individuate dal Comune non appaiono utili, anzi potrebbero essere pericolosissime, perché le fibre minerali rilasciate dall’amianto, non trattate a dovere, risultano potenzialmente inalabili e, una volta nei polmoni, possono provocare danni estremamente gravi come l’asbestosi, il mesotelioma ed il tumore ai polmoni.

Parallelamente, però, i cittadini non restano alla finestra. Oltre alle associazioni, che per prime denunciarono la pericolosità del sito, nasce anche un “Comitato Cittadino Fibronit”, che ha come obiettivo la realizzazione, sul sito, di un parco, il “Parco della Rinascita”. Inoltre, la cittadinanza riesce ad ottenere la partecipazione, con propri esperti, ai tavoli tecnici. Eppure, malgrado questo fermento di vigile attivismo civico, c’è chi, in quell’epoca, pensa di poter costruire, sopra al sito mortale, alcuni palazzi. Ipotesi poi tramontata allorché si definisce la inedificabiltà dell’area.

Nel 2011, il sostituto procuratore Giovanni Benelli ha chiesto la chiusura della maxi-inchiesta con l'accusa di "Disastro doloso, omissione dolosa delle norme antinfortunistiche, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose" nei confronti dei 10 amministratori indagati e per gli ex manager Claudio Dal Pozzo e Giovanni Boccini. Accuse gravissime che certo non restituiscono la vita ai tanti morti per colpa della cupidigia, della indifferenza, della commistione di interessi tra potere politico e potere economico-finaziario. Ma non restituiscono nemmeno il giusto ai vivi, che ancor devono subire gli inganni della mala-amministrazione, aggiungendo così al danno anche la beffa.

Infatti, il 20 giugno 2013 il Comune di Bari ha pubblicato il bando di gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori relativi all'intervento di messa in sicurezza permanente del sito "FIBRONIT". Le operazioni di gara si sono concluse lo scorso 13 gennaio e l'importo stanziato, ammontante a circa 12 milioni di euro, è una somma messa a disposizione dalla Regione Puglia. Cioè, si badi bene: la bonifica sarà fatta con fondi della Regione Puglia, quindi soldi pubblici, cioè dei cittadini, mentre i privati se ne laveranno le mani, malgrado la responsabilità del disastro sia soprattutto loro!


E non è finita qui: la giunta Emiliano, il 18 novembre 2013, delibera al n° 744 una integrazione molto discutibile al piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari del Comune di Bari. Con tale delibera il Comune "scambia", a pari costo, un'area posta all'interno del perimetro del sito inquinato FIBRONIT (l’area ex Bricorama, anch’essa da bonificare) – attualmente destinata a "verde di quartiere" di proprietà della Mediocredito Centrale S.p.a. – con un'altra di sua proprietà, tra via Demetrio Marin e via Turati. Fin qui, in questo scambio, tutto sembrerebbe normale. Eppure sorge spontanea la domanda: a quanto ammontano i costi di bonifica dei suoli ex Bricorama? A questa, segue un’altra domanda, altrettanto spontanea: come mai si permuta un suolo da bonificare, il cui valore è certamente assai basso, con un altro di proprietà pubblica, in zona di pregio?

Insomma, ancora una volta la mala-politica fa pagare il prezzo della sua incapacità e dei suoi opachi interessi ai cittadini, alle loro tasche, ai loro patrimoni, alla loro salute e al loro futuro. Adesso è arrivata l’ora di svegliarci tutti e di mandarla a casa.


3 commenti:

  1. Chi pagherà la svalutazione dell'area e degli immobili presenti nella stessa, problema secondario se guardiamo la questione sotto l'aspetto delle molteplici conseguenze patologiche registrate tra le quali anche purtroppo dei decessi tutti dovuti all'inquinamento da polveri sottili quali l'amianto.

    La creazione di un parco e di verde pubblico non solo è doveroso perché in questa area manca, ma anche perchè potrebbe certamente contribuire riequilibrare morfologicamente l'area, favorendo la rivalutazione del patrimonio immobiliare privato fortemente condizionato dalle ben note vicende consolidatesi nel tempo.

    Mi auguro che il verde possa essere in termini di ampiezza anche congruo e proporzionale al numero di abitanti e di avventori della zona in questione.

    Mi auguro che si possano creare condizioni tali da poter offrire alla città un nuovo e ben attrezzato spazio verde a vantaggio di un area molto cementificata, priva di spazi utili alle attività sportive, ludiche e di intrattenimento per gli anziani che meritano di poter godere i loro momenti di ozio magari seduti su delle panchine per respirare aria pura.

    Speriamo davvero che tutti gli amministratori possano mettersi una mano sulla coscienza.

    Un momento di grazia non è quello del singolo ma quello della collettività.

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  2. Per completare il mio commento precedente e per rispondere in merito ai costi di riqualificazione, ossia ai 12 milioni di euro messi a dispsizione dalla Regione (soldi nostri) penso che Regione, Provincia e Comune anzichè impugnare la sentenza di condanna dichiarandosi parte lesa insieme alle associazioni di cittadini, hanno optato per la soluzione più a loro congeniale per avviare lavori, al più presto prima della decadenza da incarichi pubblici, prprio per poter gestire il potere ed i clientelismi, fregandosene altamente se poi sono i cittadini che pagano per sistemare il bilancio regionale. Addebitare alla regione e quindi ai cittadini tutti questi costi, significa avere meno risorse per servizi essenziali come la sanità per esempio.

    Speriamo che i cittadini smettano di fare come gli struzzi che tengono la testa sotto la sabbia e la tirano fuori solo quando gli lanciano una mollica di cibo.

    Non se ne può più di questa mancanza di attività cerebrale, bisogna proprio aspettare che si arrivi al default per cercar di cambiare, sarebbe purtroppo troppo tardi, prevenire è meglio che combattere.

    Scusate per eventuali errori grammaticali, il concetto spero sia chiaro.

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