giovedì 19 aprile 2012

Riprendersi le parole per riprendersi la politica

di Daniele Dani



La parola, è un semplice contenitore - in linguistica si dice che è "significante" - e quando questo contenitore viene riempito, per consuetudine o d'imperio, allora assume un preciso significato.
Oggi diciamo "politica" e si pensa solamente al ruolo e al modus operandi dei nostri politici; ma questo non è necessariamente vero: esso è solamente uno dei tanti significati attribuibili.
Ed è proprio con un approccio semantico, riprendendoci l'uso appropriato delle parole, che possiamo iniziare superare quel senso di nausea che oggi ci assale quando ci giungono notizie di cronaca politica.
Perchè parlare di politica significa, in estrema sintesi, parlare di interessamento e partecipazione a tematiche inerenti una comunità in un determinato territorio.
Può una società che si autodefinisce civile tollerare che la politica sia scesa così in basso da essere equiparata alla mafia e tollerare altresì che il politico sia oramai solo colui che massimizza il proprio tornaconto personale?
E perchè la critica al politico è tacciata come antipolitica?
Aggiungiamo inoltre che anche i media, utilizzando ancora termini come "classe politica", non fanno altro che rafforzare la presa di distanza fra la società, la cui divisione in classi ha un retrogusto ottocentesco, e la politica stessa.
Questa stessa classe politica che, da quando non è più sostenuta dalle ideologie, costretta a valorizzarsi col suo operato (!) non ha trovato altri rimedi se non di tradursi in un potere autoreferenziale chiuso: la cosiddetta casta.
Se con una iperbole logica passiamo dalle parole ai fatti, dal contenitore al contenuto, notiamo che potremmo e possiamo riconoscerci nelle esigenze della comunità, nei problemi della sanità, della scuola, dell'innovazione tecnologica dell'industria, nell'economia sostenibile, nell'importanza del ruolo dei media e quant'altro attiene all'interesse collettivo. 
Questa è politica.
E' la concezione greca di chi vive - in e per - la polis, dove ogni uomo è un zoon politikon, un animale politico che vede nel vivere associato la dimensione compiuta e l'essenza della vita stessa. 
E chi non lo fa è un essere difettivo - un idion - da cui il termine idiota.
Oggi ci adoperiamo perchè si prenda coscienza di ciò che è politica, tenendola ben distinta da quella che è invece azione di sopravvivenza di un gruppo di mestieranti.
E se anti-politica significa "ostile alla politica" utilizzeremo questo termine per etichettare i recenti fatti di cronaca che hanno visto espellere diversi dirigenti e tesorieri di partito insieme alla serie di "inconsapevoli acquirenti di beni di lusso".
Se si teme che questo modo di fare politica sia solo frutto di demagogia, cioè opera di qualcuno che intende "trascinare il popolo", può trovare nella rete, e nei social network, quello strumento che ci permette di non essere una miriade di individui isolati e inerti che si rapportano 
solo ad un monitor, ma di interagire, discutere, informarsi, evitando insomma di trasformarci in quella "folla solitaria" plasmabile e mobilitabile dal cosidetto "direttismo elettronico".
Perchè la politica in democrazia si fa sempre e solo attraverso il dibattito, che crea dei percorsi decisionali che conducono a delle scelte collettive informate, consapevoli e condivise.
Occorre sottolineare infine che è necessario ritornare al corretto uso e intendimento dello strumento della rappresentanza politica che i nostri padri costituenti ci hanno fornito con la Costituzione post-bellica e post-fascista.
Quando, tramite le elezioni, destiniamo qualcuno ad un ufficio governativo, in realtà creiamo la figura del dipendente politico, incaricato dalla comunità di attuare un determinato programma elettorale. 
Egli è l'esecutore di un programma formato in seno all'opinione pubblica che, della gestione degli affari pubblici, deve essere informata e deve continuare a interessarsi, discutere e controllare.
E nel margine di discrezionalità che gli viene fisiologicamente lasciato, il deputato politico deve tenere sempre presente che le sue decisioni vengono mediate fra due comportamenti, quello economico - per massimizzare l'utile, il tornaconto della comunità - e quello morale - con azioni che non portano  vantaggi materiali ma che perseguono fini ideali.
Platone asseriva che il governo deve spettare ai depositari dell'episteme, del sapere, perchè il demos è ignorante, non sa. 
Noi vogliamo cambiare i paradigmi della politica: se la sovranità appartiene al popolo, come dettato dal primo articolo della nostra costituzione allora il popolo deve sapere, essere informato, e attivarsi con consapevolezza. 
Altrimenti sarà un re di coppe, votato alla sottomissione di chiunque.

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