venerdì 6 aprile 2012

Il lavoro rende liberi? La grande truffa

di Fabio Leli


Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi), il messaggio di benvenuto posto all'ingresso di numerosi campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale, è oggi la promessa di libertà per ciascun individuo. La principale libertà è quella di consumare la stessa merce che la comunità di lavoro ha prodotto. 


Il lavoro, in questa forma sociale, è definito "astratto". E' astratto perché è realmente utile soltanto alla riproduzione continua dell'attuale forma sociale capitalistica. La produttività deve aumentare in funzione della crescita dei consumi. Con la promessa della crescita del PIL e con la speranza di un futuro migliore, ogni individuo accetta l'alienazione ad un lavoro disumano, alienante e mortificante. 


Una classe dirigente che guarda al bene comune non dovrebbe lasciare che certe aziende, quali la FIAT e l'ILVA, possano, in nome della produttività e dell'occupazione, delocalizzare in quei paesi dove la manodopera costa meno dopo essere stata per anni finanziata coi soldi pubblici, cambiare i contratti di lavoro -in Italia- a proprio piacimento e sbandierare il made in italy con produzioni estere, e l'altra inquinare e illudere i propri lavoratori di essere nel giusto tenendoli al guinzaglio utilizzando la minaccia del licenziamento e/o della disoccupazione. A lungo andare, anche l'ILVA licenzierà, come ha già fatto di recente il colosso Yahoo mandando a casa oltre 2000 persone (16% circa del totale) dal proprio organico.


Per inciso, non ci potrà mai essere una riforma del lavoro se non si considera l'alienazione del lavoro usurante.


Vi alleghiamo un servizio giornalistico di Sortino alla trasmissione televisiva "Piazzapulita" dal titolo esemplificante: Schiavi del lavoro


Ascolta questo articolo:


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